La baby gang e l’infanzia negata
 

La notizia è su tutti i giornali locali e arriva fino al TG1.

I Carabinieri del Nucleo Operativo della compagnia di Paternò hanno arrestato tre minorenni tra i 15 e i 16 anni e un maggiorenne di anni 18, per i reati di rapina aggravata in concorso, lesioni personali aggravate e furto aggravato in concorso, commessi a Paternò da giugno a settembre 2021.

I tre minorenni, tra i 15 e i 16 anni, sono stati associati all’Istituto di Pena Minorile di Catania Bicocca, mentre il maggiorenne è stato relegato agli arresti domiciliari con l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico.

La città sembra respirare perché finalmente queste presenze moleste, che impediscono il quieto vivere degli abitanti, vengono consegnati alla giustizia.

 Sui sociali si leggono i tanti commenti a margine della notizia pubblicata “Ci vogliono punizioni severe”, “Povera Paternò, che futuro ci si può aspettare”, “Delinquenti”, “Zingari” “Buttate le chiavi! Pezzi di….”

“Maledetti questi devono farsi la galera dura già da ora perché quando crescono faranno molto peggio”.

La preoccupazione di molti è che, purtroppo, a breve saranno rimessi in libertà e potranno continuare a vandalizzare e a saccheggiare la città.

Di fronte ad alcuni fatti criminali di piccoli delinquenti del paese, le forze dell’ordine e la magistratura hanno fatto il loro dovere e gli abitanti legittimamente si preoccupano per la loro incolumità e chiedono giustizia.

La lettura dei fatti potrebbe finire qui. Ma non è così!

La notizia apre scenari più ampi e non è necessaria una grande sensibilità per porsi alcune domande: chi sono questi ragazzi, in quale contesto familiare e sociale vivono, se e quale scuola frequentano, chissà quali saranno i loro sentimenti e cosa succederà, adesso,  nelle loro vite.

Due dei ragazzi arrestati sono fratelli e membri di una famiglia di nove figli che vivono in una casa con sole due stanze, hanno un grado di scolarizzazione pressoché inesistente e sono cresciuti in un ambiente promiscuo, difficile e fatto di stenti. Segnalati ai servizi sociali, non è stato loro offerto un futuro diverso e migliore.

 Tutta la città dovrebbe avvertire su di sé la responsabilità di ciò che è successo, la responsabilità per non aver tirato fuori dal baratro le vite di questi ragazzi che, oggi, presentano il conto ad una società indifferente e a delle istituzioni incapaci di intervenire.

Ma, se è vero che, in questo caso, la giustizia può lasciare spazio alla pietà è anche vero che i sentimenti devono fare spazio ad una assunzione di responsabilità collettiva che ponga al centro della comunità le politiche sociali e di contrasto alla povertà e alla emarginazione.

Anche il Vangelo di oggi detta due direttrici che acquisiscono un valore profetico, alla luce dei fatti di ieri: servizio e accoglienza dei più piccoli. “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”.

Negli ultimi dieci anni il numero dei minori che vivono in povertà assoluta è più che triplicato ma la spesa sociale per l'infanzia resta tra le più basse in Europa, con divari tra le diverse regioni nel reale accesso ai servizi per i bambini e per le loro famiglie.

La società e le istituzioni scolastiche ed amministrative devono sostenere le famiglie disagiate nel loro percorso di superamento delle loro difficoltà e, se necessario, affiancarle nell’esercizio della responsabilità genitoriale per valorizzare le risorse e le potenzialità dei bambini nel loro percorso di crescita.

Il progetto educativo dei minori non può sempre essere lasciato e affidato alle famiglie ma, in alcuni casi, deve essere affidato alla comunità e alle sue istituzioni che devono intervenire nell’interesse e a tutela del minore e a servizio di tutta la comunità, specialmente dei più deboli.

Allora, di fronte al visibile degrado in cui versano tutte le città, compresa la nostra, e di cui questi fatti sono solo l’emblema, occorrerebbe iniziare una riflessione che porti a rimettere al centro dell’azione politica ed amministrativa dei percorsi di rinascita sociale che rimettano al centro il minore, la essenzialità e la centralità del ruolo dei Servizi sociosanitari e il ruolo sussidiario degli altri soggetti responsabili della cura e protezione dell’infanzia e dell’adolescenza.

E’ necessario avviare un confronto permanente tra le diverse componenti (istituzionali, giudiziarie e del terzo settore) coinvolte nel processo di cura e di tutela dei minori a rischio, investendo risorse finanziarie, per individuare  e offrire soluzioni concrete e condivise  per la tutela e la vigilanza dell’infanzia e dell’adolescenza, soprattutto di quella difficile e sviluppata in contesti sociali di povertà e degrado sociale.

L’incapacità di reazione ed intervento delle istituzioni, prima o poi, presenta il conto anche in termini di degrado sociale.

Giustizia sarà fatta solo quando, sposando una logica del servizio, offriremo a ciascuno di questi minori concrete possibilità di un futuro migliore, altrimenti, se continueremo a girarci dall’altro lato, saremo risucchiati dal degrado sociale che abbiamo contribuito a sviluppare.

Maria Grazia Pannitteri

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