Il DDL Zan, il Vaticano, le polemiche
 

La “Nota verbale” del Vaticano all’Ambasciata italiana presso la Santa Sede a proposito del disegno di legge Zan è stata come un sasso buttato in uno stagno, scatenando un’accesa polemica politica e mediatica, che continua a coinvolgere politici di tutti i colori, giornalisti, opinionisti vari, influencer (anche molto noti), associazioni gay. Ognuno ha detto la sua pro o contro il Vaticano: qualche leader di partito non si è lasciata sfuggire l’opportunità di strumentalizzare l’intervento vaticano per ergersi a difensore della Chiesa; altri, invece, hanno ribadito la laicità dello Stato e denunciato “l’ingerenza” della Chiesa nei suoi affari; altri hanno colto l’occasione per rispolverare vecchie polemiche come, ad esempio, quella relativa agli immobili sui quali la Chiesa non pagherebbe le tasse dovute allo Stato italiano, come ha detto Fedez, al quale però dal Vaticano ha risposto puntualmente Mons. Galantino dimostrando (carte alla mano) che la Chiesa paga fino all’ultimo centesimo di quanto dovuto. Il Card. Parolin, Segretario di Stato Vaticano, è intervenuto per spiegare il valore diplomatico di una “Nota Verbale”, per ribadire che il Vaticano riconosce la laicità dello Stato italiano e che, pertanto, non intende intromettersi nella discussione parlamentare, ma soltanto aprire un confronto su alcuni punti che toccano il Concordato [del 1984] tra Chiesa e Stato Italiano. Si può notare che tra coloro che sono intervenuti sui social, molto spesso alcuni hanno espresso la loro opinione, senza nemmeno conoscere i termini esatti della questione del ddl Zan, generando solo confusione e favorendo la mobilitazione delle piazze italiane da Nord a Sud, dove è anche apparso qualche Cristo in versione Lgbt con minigonna e tacchi a spillo. Una blasfemia questa che certo la dice lunga su come alcuni intendono il rispetto per le convinzioni degli altri!
Allora mi sembra importante mettere le cose in ordine, affinché ognuno possa formulare un giudizio sereno.

Il DDL Zan (dal cognome del primo firmatario), già esaminato alla Camera a novembre 2020, è per ora fermo al Senato e si intitola “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere, sulla disabilità”.

I promotori della Legge (che amplia già la vecchia legge Mancini sulla discriminazione razziale, religiosa, culturale) puntualizzano continuamente che si tratta di una legge che intende punire con pene severe coloro che discriminano gay, lesbiche, transessuali, ecc, incitando anche all’odio e alla violenza contro queste persone. E in definitiva, dicono, si tratta di una legge di civiltà.

Ci sono alcune cose da notare:

1) In quanto cristiani noi siamo contrari a qualsiasi tipo di discriminazione e difendiamo la dignità di ogni persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio (come insegna la Bibbia). E infatti, in due diverse occasioni, nei mesi scorsi, la CEI era intervenuta sia per ricordare che la legge antidiscriminazione già esisteva e che in ogni caso, la Chiesa è da sempre schierata per il rispetto di ogni persona umana, indipendente dal suo orientamento sessuale, e a prescindere dalla condivisione o meno di certe visioni antropologiche, culturali o religiose. Basta leggere il Catechismo della Chiesa Cattolica: nei confronti delle persone omosessuali “si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione” (CCC 2358).

2) L’art. 4 del DDL Zan è molto vago e sembra configurarsi come un reato di opinione, ledendo la libertà di manifestare le proprie idee su questi argomenti. Infatti, se da un lato all’art. 4 si dice che “sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime […]”, dall’altro si precisa: “purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Chi lo decide questo “concreto pericolo”? E in base a che cosa? In questi termini, il paradosso sarebbe che se io dicessi di essere convinto per la mia fede (ma anche secondo la legge naturale) che il matrimonio è solo tra un uomo e una donna, senza aggiungere altro, potrei essere accusato di discriminare gli omosessuali e, indirettamente, di poter incitare o favorire qualcuno a compiere atti di violenza contro queste persone. Il tutto, infine, dipenderebbe dall’interpretazione del giudice, il quale potrebbe dire che io ho toccato la sensibilità particolare di qualche persona. In definitiva non potrei leggere in pubblico Gen 1,27ss : “Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra […]”; né il Catechismo della Chiesa Cattolica su questi stessi argomenti (cf nn 2331- 2359).

3) Il decreto propone una Giornata nazionale per sensibilizzare su questi temi anche gli alunni delle scuole. Ma sorge spontanea una domanda: attraverso il DDL Zan non c’è forse un preciso disegno culturale perché ci sia un appiattimento generale sull’ideologia del gender, senza spazi possibili per un pensiero critico? Andiamo così verso la dittatura del pensiero unico (come a suo tempo aveva avvertito Benedetto XVI).

Secondo me, prima dell’approvazione della Legge non bisognava scomodare il Concordato. Infatti, dopo l’approvazione della Legge, la Chiesa italiana avrebbe potuto far valere gli accordi concordatari e quindi non organizzare la Giornata.

Per l’art. 4, a mio parere, sarebbe stato meglio se la CEI avesse mobilitato un gruppo di intellettuali cattolici per mettere in evidenza che l’articolo era formulato male e che minacciava la libertà di pensiero e di espressione, non solo dei cattolici, ma di chiunque altro. In breve, sarebbe stato meglio se laici cattolici preparati e competenti avessero aperto un dibattito e avessero coinvolto i cosiddetti parlamentari cattolici per incidere sull’iter della legge, dialogando e ragionando, a favore del bene di tutti (in questo caso la libertà di espressione e il rispetto dovuto alla dignità di ogni persona umana). In altri termini, un vero protagonismo del laicato cattolico avrebbe potuto evitare l’intervento del Vaticano, che ha aperto la stura a polemiche inutili e sterili.

Don Piero Sapienza

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