NON POSSIAMO TACERE
 

Il discernimento comunitario di un gruppo di fedeli laici coordinati all’Ufficio di Pastorale sociale e del lavoro di Catania in vista delle elezioni politiche e regionali siciliane 2022

PREMESSA

  1. Al nostro posto pur in uno scenario inquietante. Molte donne e molti uomini soffrono oggi di fronte agli scenari inquietanti delle nostre città, sia a livello nazionale sia regionale. I molteplici mali, che si sono radicati negli anni, e che si sono acuiti con la pandemia e con la guerra scatenata in Ucraina, rendono difficile la vita del nostro Paese e hanno indotto tanti cittadini a un pessimismo così forte tanto indurli a pensare di disertare la chiamata alle urne per le elezioni politiche e per le regionali siciliane del prossimo 25 settembre.

Come cristiani non abbandoniamo “il posto” che Dio ci ha assegnato nella città (cfr. Lettera a Diogneto) e non ci lasciamo bloccare dalla gravità dei suoi mali, ma insieme a tutte le persone di buona volontà, ci coinvolgiamo nelle sue vicende per dire una parola di speranza e dare concretamente il Come cristiani non abbandoniamo “il posto” che Dio ci ha assegnato nella città (cfr. Lettera a Diogneto) e non ci lasciamo bloccare dalla gravità dei suoi mali, ma insieme a tutte le persone di buona volontà, ci coinvolgiamo nelle sue vicende per dire una parola di speranza e dare concretamente il nostro contributo per risolvere le numerose e gravi emergenze, in vista del bene comune. Ci guidano le parole profetiche: “Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi darò pace, finché non sorga come stella la sua giustizia […]” (Isaia 62,1). Per Papa Francesco l’impegno nella polis fa parte della vocazione cristiana: “Tutti i cristiani, anche i Pastori, sono chiamati a preoccuparsi della costruzione di un mondo migliore. Di questo si tratta, perché il pensiero sociale della Chiesa è in primo luogo positivo e propositivo, orienta un’azione trasformatrice, e in questo senso non cessa di essere un segno di speranza che sgorga dal cuore pieno d’amore di Gesù Cristo” (Evangelii Gaudium, n. 183). per risolvere le numerose e gravi emergenze, in vista del bene comune. Ci guidano le parole profetiche: “Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi darò pace, finché non sorga come stella la sua giustizia […]” (Isaia 62,1). Per Papa Francesco l’impegno nella polis fa parte della vocazione cristiana: “Tutti i cristiani, anche i Pastori, sono chiamati a preoccuparsi della costruzione di un mondo migliore. Di questo si tratta, perché il pensiero sociale della Chiesa è in primo luogo positivo e propositivo, orienta un’azione trasformatrice, e in questo senso non cessa di essere un segno di speranza che sgorga dal cuore pieno d’amore di Gesù Cristo” (Evangelii Gaudium, n. 183).

  1. Per una democrazia partecipativa. La partecipazione o meno alla vita sociale e politica implica una precisa responsabilità morale, come sottolineava don Sturzo: «Se i cristiani, invece di cooperare, si tengono in disparte per paura della politica allora partecipano direttamente o indirettamente alla corruzione della vita pubblica, mancano negativamente o positivamente al loro dovere di carità, e in certi casi di giustizia».

In altre parole, nessuno può restare alla finestra a guardare, preda della sindrome dello spettatore. Pertanto, la vecchia affermazione che la politica è una “cosa sporca” è un alibi per giustificare il disimpegno per la cosa pubblica. Papa Francesco osserva: “La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune (E. G., n. 205). La Dottrina sociale della Chiesa afferma che la partecipazione alla vita politica è «uno dei pilastri di tutti gli ordinamenti democratici», e pertanto una democrazia autentica «deve essere partecipativa» (Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, n. 190).

  1. Nessuna delega in bianco. La complessità e la delicatezza dell'attuale quadro politico ci inducono a dire che non c’è spazio per “l'accidia politica” e che ora più che mai. «l’assenteismo, la delega in bianco, il rifugio nel privato, non sono leciti a nessuno» (La Chiesa italiana e le prospettive del Paese, n.33).

IL MOMENTO STORICO CHE STIAMO VIVENDO

  1. Società e politica: il rischio della disaffezione. Di fronte alle tragiche notizie dalla guerra in Ucraina, a nuove ondate di profughi, alla crisi energetica, al rialzo dell’inflazione, al perdurare della pandemia e alle nuove forme di povertà, l’atteggiamento dei partiti sembra più proteso a sanare le divisioni interne e a gettare discredito sugli avversari che a lasciarsi interrogare dai problemi nazionali e dalle tragedie internazionali per trovare risposte adeguate in ordine al bene comune.
    Inoltre, il sistema elettorale in vigore per le consultazioni politiche, in nome di una auspicata maggiore governabilità, da una parte lascia agli elettori uno scarsissimo margine di scelta dei propri rappresentanti che, invece, saranno indicati a “scatola chiusa” dalle leadership dei partiti o delle coalizioni; dall’altra, avendo sostanzialmente eliminato le preferenze nominative, non consentirà più di radicare nell'eletto di fronte al proprio elettorato la “responsabilità politica” per i propri atti e comportamenti. L'eletto, in sostanza, non risponde più delle scelte politiche alla base elettorale ma solo al leader di partito.
    Non è difficile immaginare che la confluenza di questi due fattori possa alimentare ancora di più la sfiducia della popolazione nei confronti della politica facendo crescere di conseguenza l’astensionismo elettorale.
  2. Un risveglio della società civile e una rifondazione della politica. Oggi più che mai, occorre perciò un forte risveglio della società civile e una rifondazione della politica. Proprio in momenti come questi serve – ce lo ricorda il documento del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali della CEI – “un colpo d’ala, un risveglio collettivo di quelle forze sane del Paese”.
    Questo vale soprattutto in Sicilia, una terra che sta pagando più di altre le criticità del momento storico. Nell’Isola diventa più che mai necessario che le forze vive della società e i circuiti di solidarietà già operanti diventino sempre più protagonisti. E questo sia per rispondere ai tanti e gravi problemi sociali ed economici presenti nel territorio, ma anche per rifondare la politica.

LE GRANDI SFIDE

La sofferenza sociale ed economica largamente diffusa, problemi mai risolti, lacerazioni e carenze anche risalenti nel tempo, la mancanza di prospettive per i giovani testimoniano la presenza nel Meridione e nella nostra Isola di criticità, di emergenze e di “sfide che non possono essere abbandonate” (Documento del Comitato scientifico ed organizzatore delle Settimane sociali della CEI).
Esse devono indirizzare e suggerire l'Agenda delle priorità di cui deve farsi carico la politica anche in occasione dei prossimi appuntamenti elettorali.
Si tratta di emergenze, alcune non nuove e storicamente già presenti, che, da una parte, si intrecciano e influenzano reciprocamente nel tessuto sociale economico e produttivo siciliano e catanese e che, d'altra parte, costituiscono la traccia delle priorità della politica regionale e locale.
E' innegabile che la pandemia e la crisi economica, anche internazionale, hanno aggravato le povertà di cui soffre la Sicilia.

  1. La povertà economica, conseguenza anche delle criticità occupazionali e produttive, è ai massimi storici. Secondo l'ISTAT 5,6 mln di persone e 1,9 mln di famiglie (il 7,5% del totale) vivono in condizioni di povertà assoluta, e ben il 42,2% di esse risiede nel Sud (2021). Queste famiglie non possono permettersi beni e servizi che vengono considerati essenziali per uno standard di vita accettabile. La crisi occupazionale e di prospettive che ha caratterizzato da tempo la Sicilia si è ulteriormente aggravata: l'occupazione, infatti, è diminuita nel 2020 del 2,7% e la disoccupazione nel 2021 è aumentata fino al 18,7% (dati SVIMEZ). Peraltro, secondo il consueto report sull’economia siciliana redatto dalla Banca d’Italia, nel 2021 il saldo fra nuovi occupati e cessati appare positivo ma in una condizione di perdurante riduzione della popolazione in età lavorativa che invecchia o emigra verso il Centro-Nord del Paese o all’estero. L'Isola, inoltre, assieme a Campania e Calabria, è agli ultimi posti nell’ UE, secondo Eurostat, per occupazione giovanile: ben 4 giovani su 10 sono senza lavoro.

Con l'incremento dell'inflazione le povertà non potranno che aggravarsi ulteriormente, accompagnandosi alla precarietà occupazionale, al lavoro nero, a quello illegale e all'insufficienza abitativa.

  1. La regione, peraltro, segna un triste primato di povertà educativa poiché fa registrare il tasso più elevato di dispersione e abbandono scolastici: ben il 19,4% a fronte di una media nazionale del 13,1%.

La Città metropolitana di Catania, inoltre, si colloca al primo posto fra le altre 13 Città metropolitane con il 25,2% di abbandoni.

La situazione risulta particolarmente drammatica in Sicilia per i ragazzi che scelgono i percorsi di istruzione e formazione professionale, aggravata dalla definitiva chiusura di Enti eccellenti e storici come il CIOFS –FP delle Suore Salesiane o dalla drastica riduzione dell’attività formativa di Enti come il CNOS-FAP dei Salesiani con i Centri di Formazione Professionale di Catania, Gela , Ragusa e Palermo. Migliaia di ragazzi ancora oggi in Sicilia restano prigionieri nelle loro periferie, senza dignità e senza un orizzonte di futuro umano e professionale. A questi dati bisogna aggiungere il deficit gravissimo nell’Isola di asili nido (solo 8 bambini su 100 accedono a un asilo contro la media del 27% in Italia), di scuole con tempo prolungato (solo il 7,5% degli alunni siciliani di scuola primaria hanno il tempo pieno a scuola contro il 53% dei loro coetanei in Piemonte e il 55% nel Lazio).
Chi ha responsabilità nel campo della politica e dell’istruzione non può più far finta di non sapere e di non vedere. All’Isola serve un’azione di contrasto vigorosa alla povertà educativa con un’azione sinergica di istituzioni scolastiche, assistenti sociali, famiglie, volontariato, Enti locali e Tribunale per i minorenni. Ma tocca alla politica considerare una priorità le spese per l’istruzione, per gli assistenti sociali nei quartieri a rischio, per gli asili nido, per le mense scolastiche e il tempo pieno, per la creazione di spazi adeguati alle attività ricreative dei minori, per la formazione professionale, per la realizzazione e manutenzione di edifici scolastici e strutture a servizio dei quartieri (un esempio per tutti l’abbandono del Teatro Moncada di Librino a Catania). E, inoltre, assicurando il diritto a una reale libertà di educazione nell’ambito di rigorose verifiche sulla qualità del servizio reso e sul rispetto dei contratti di lavoro e delle disposizioni, nonché del pluralismo culturale ed educativo.

c) Le povertà, in particolare quella educativa, costituiscono, talvolta, spinta privilegiata per l'accesso, anche da parte di minori, alla devianza e alla criminalità organizzata e mafiosa che recluta più agevolmente giovani che non lavorano e non vanno a scuola. La Sicilia si pone ai primi
posti fra le regioni con la più alta percentuale di denunce per associazione a delinquere anche di stampo mafioso nei confronti di minorenni.
In tale situazione, influenze decisive, in termini di incremento della sicurezza generale, possono giungere da più fattive ed articolate politiche ed iniziative di prevenzione della devianza da parte degli Enti locali che, in collaborazione con le altre Istituzioni competenti, devono programmare e realizzare interventi per arginare e contrastare la povertà educativa.
Puntare sull’educazione dei minori e sulla formazione delle giovani generazioni, inoltre, è la via obbligata per costruire un capitale umano capace di favorire un reale e duraturo sviluppo del Sud.

  1. Improcrastinabile appare la previsione ed attuazione di più decise ed efficaci politiche ed iniziative regionali e locali di tutela e salvaguardia dell'ambiente che costituisce patrimonio da custodire per le generazioni future (cfr. Laudato si, nn.159-160 ed il nuovo testo dell'art. 9 della Costituzione).

Fra di esse posto privilegiato è riservato agli interventi per modificare ed affrancare la regione da un sistema di gestione dei rifiuti che da troppi anni si è basato sull'oligopolio dei privati. Sono, pertanto, ricadute sulle comunità locali le conseguenze delle inefficienze e delle carenze programmatorie e realizzative in materia soprattutto in termini di maggiori costi del servizio, nonché per i pericoli di deturpamento ambientale e per i rischi per l’igiene e la salute pubblica. Nell’ottica di una ecologia integrale, che pone al centro l’uomo, non può tralasciarsi una più adeguata valorizzazione dei beni ambientali e culturali e delle tradizioni popolari nonché delle attività agricole, di pesca e dell’artigianato.

  1. Nel ribadire con decisione il contesto di significative e mai superate carenze infrastrutturali che da tempo hanno influenzato e continuano ad incidere negativamente sullo sviluppo siciliano, appaiono ineludibili gli investimenti e gli interventi urgenti sulle infrastrutture di comunicazione e di trasporto con particolare riguardo alle zone interne soggette a un continuo spopolamento.
  2. “Disuguaglianze vecchie e nuove che sono state aggravate dalla pandemia e dalla crisi economica” segnano in particolar modo “i territori più svantaggiati e nei quali il peso delle mafie e della illegalità si fa sentire, subdolamente, più forte” (Documento del Comitato scientifico ed organizzatore delle Settimane sociali).

Pertanto, è urgente un rinnovato impegno, a tutti i livelli, personale, sociale ed educativo, di rifiuto e contrasto di ogni forma di illegalità nonché di influenza, inquinamento e corruzione della convivenza sociale, privata e pubblica, da parte della organizzazioni criminali e mafiose portatrici di una “cultura di morte”(Papa Francesco).

  1. Una rinnovata efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni in particolare di quelle locali, nel contribuire alla ricostruzione del rapporto, attualmente compromesso, fra queste ultime e i cittadini, costituisce, altresì, una puntuale misura preventiva di fronte ai molteplici episodi, restituiti dalla cronaca, di inefficienze, parzialità e di favoritismi di organi pubblici se non di corruzione e di infiltrazione mafiosa nelle amministrazioni locali. Sei province dell'Isola sono state recentemente indicate dall'ANAC a maggior rischio di corruzione.
  2. Superare le disuguaglianze e garantire il rispetto dei diritti, soprattutto nei settori dei servizi ai cittadini e della sanità, costituisce, ora più che mai, compito primario delle Amministrazioni locali, degli Amministratori e dei pubblici impiegati che devono porsi “al servizio esclusivo della Nazione” (art. 98 Cost.) cioè al servizio delle persone, delle famiglie, delle imprese, dei corpi intermedi e delle aggregazioni sociali che costituiscono il tessuto connettivo della nostra società. Compito di servizio che “risulta talmente eminente ed insigne da rivestire un carattere quasi sacro” (Benedetto XVI).

A tale riguardo, assume significativa priorità l'incremento di politiche e di iniziative sia di sostegno alle famiglie e alla vita, dal suo inizio, nel suo svilupparsi e fino alla conclusione naturale, assicurando anche libertà di educazione, sia di accoglienza e cura delle persone svantaggiate, fragili e disabili, di anziani e minori.

  1. Solidarietà e sussidiarietà. Nel recente periodo di lock-down generalizzato della vita sociale a causa della pandemia, anche in Sicilia le fasce più emarginate e più povere della popolazione hanno potuto resistere grazie alla grande rete di volontariato e di solidarietà presente nel territorio che non si è mai fermata. Questa rete è una risorsa che va valorizzata, dando piena attuazione al principio costituzionale di sussidiarietà.
  2. Gli effetti della guerra in Ucraina e dei cambiamenti climatici hanno avuto un impatto imponente su molti Paesi africani alle prese con nuove carestie e un perdurante clima di guerre civili. In molti, perciò, hanno ripreso i viaggi della speranza sui barconi e stanno sbarcando sulle nostre coste. Non possiamo girarci dall’altra parte o mettere nuovi muri. Piuttosto così come abbiamo accolto con grande generosità i profughi ucraini siamo chiamati ad usare la stessa umanità nei confronti dei migranti del Sud del mondo, coinvolgendo in un’accoglienza dignitosa, tutti i Paesi dell’Unione Europea. Siamo chiamati, perciò, ad accogliere l’esortazione di Papa Francesco e mostrare nei confronti dei migranti “una generosa apertura, che invece di temere la distruzione dell’identità locale sia capace di creare nuove sintesi culturali” (E. G., n. 210).

CONCLUSIONI

  1. Vigilanza e impegno. Troppe volte i nostri rappresentanti al Parlamento o alla Regione, nel migliore dei casi, si sono limitati a fare altisonanti dichiarazioni o promesse elettorali certi che dopo il voto nessuno – né la stampa, né gli elettori – si sarebbe ricordato degli annunci fatti.
    Ai candidati e, poi, agli eletti, stavolta chiediamo promesse effettivamente realizzabili, annunci a cui seguano i fatti, progetti a cui seguano le opere, leggi a cui seguano i regolamenti attuativi, decisioni ai vertici portate a compimento fin negli ultimi particolari. A questo scopo li invitiamo a un ascolto e a un dialogo continuo con le persone e le aggregazioni dei nostri territori.
    Ci impegniamo fin da ora, perciò, a vigilare sulla reale evoluzione delle promesse e dei progetti lanciati in campagna elettorale e sulla reale attuazione del principio di sussidiarietà.
    Così come ci impegniamo a non restare alla finestra ma a sviluppare il nostro impegno per farci carico dei problemi del nostro territorio e perché la politica contribuisca a risolverli.
  2. Discernimento per la scelta dei candidati. Per questo motivo proponiamo un discernimento personale e comunitario per la scelta dei candidati. Davanti alla Babele dei molteplici partiti e partitini, molte persone sono disorientate e non sanno cosa e chi votare. Il Magistero sociale della Chiesa ci offre criteri per orientare le scelte e le azioni da intraprendere per costruire la città dell’uomo. I candidati e gli eletti devono avere competenze e coerenza etica. Il documento della CEI Educare alla legalità (n. 16) delinea il profilo del politico che cerca veramente il bene comune del Paese: «Chi ha responsabilità politiche e amministrative abbia sommamente a cuore alcune virtù, come il disinteresse personale, la lealtà dei rapporti umani, il rispetto della dignità degli altri, il senso della giustizia, il rifiuto della menzogna e della calunnia come strumento di lotta contro gli avversari, e magari anche contro chi si definisce impropriamente amico, la fortezza per non cedere al ricatto del potente, la carità per assumere come proprie le necessità del prossimo, con chiara predilezione per gli ultimi». Infatti, se i politici non coniugano nella loro attività etica e politica, se non hanno l’autentico senso della legalità e creano leggi per tutelare i loro interessi anziché il bene comune, che è bene di tutti e di ognuno, come potrebbero i cittadini amare la politica e sentire il dovere della partecipazione attiva alla vita del Paese?
  3. Sussidiarietà. Ai candidati e ai futuri eletti chiediamo, soprattutto, di considerare la rete di solidarietà e volontariato presente nei nostri territori come una risorsa da valorizzare, dando piena attuazione al principio costituzionale di sussidiarietà e promuovendo adeguatamente, in condizioni di pari dignità, le risorse umane del Terzo settore e del volontariato.
  4. Un appello rivolto a tutti. Le nostre città offrono talora l’immagine di luoghi abbandonati, in preda al degrado urbano e ambientale, alla povertà economica ed educativa, alla corruzione, alla criminalità mafiosa, al rifiuto dell’altro, soprattutto se straniero o diverso. Per questo motivo, come cristiani laici in piena collaborazione con l’Ufficio per i Problemi sociali e il lavoro dell’Arcidiocesi di Catania, vogliamo contribuire fattivamente alla rinascita dei nostri territori, vogliamo prenderci cura delle persone in difficoltà, dei fragili, dei minori senza istruzione, dei migranti e aprire gli occhi su tutte le nuove forme di povertà e di sfruttamento. E, per lo stesso motivo, vogliamo rivolgere un appello a sottoscrivere questo documento ai singoli e agli organismi associativi, alle organizzazioni sindacali, datoriali e produttive, ai corpi intermedi, alle associazioni (sociali, culturali, religiose, commerciali ed economiche), agli organismi del Terzo settore e del volontariato e a quanti condividono con noi il desiderio di risveglio della società civile e di rifondare la politica, ma anche le priorità per il nostro territorio che, in breve, abbiamo prima enunciato.

NON POSSIAMO TACERE

LETTERA ALLA CONSULTA DELLE AGGREGAZIONI LAICALI

Desidero che il documento “Non possiamo tacere”, redatto da un gruppo di cristiani laici impegnati, coordinato dall’Ufficio diocesano per i Problemi sociali e il lavoro, in vista delle prossime elezioni nazionali e regionali, sia accompagnato e introdotto dalle motivazioni che fondano il nostro impegno di cittadinanza attiva per amore del nostro Paese e della nostra Sicilia.

Il pianto di Gesù per la città. «Quando Gesù fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: "Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi”» (cf Lc 19,41-42). Gesù piange per la rovina che incombe su Gerusalemme. Il suo pianto non è però semplicemente l'espressione di una emozione personale, ma denota il suo amore per la città e il proprio coinvolgimento nella sua Storia. La pace di cui parla Gesù è lo “shalòm” ebraico, che implica pace con Dio e con il prossimo, prosperità e benessere spirituale, morale e materiale, libertà e sicurezza. Ma Gesù non si è limitato a un pianto sterile. Infatti, non ha abbandonato Gerusalemme al suo destino, anzi vi è entrato, con decisione, per dare la sua vita sulla croce in un supremo atto di amore, non solo per la città, ma per tutta l'umanità.

Anche noi come cristiani sentiamo la precisa responsabilità di non voltare le spalle alle nostre città e di dare il nostro fattivo contributo per il loro sviluppo integrale, a cominciare dal voto. Infatti, il disinteresse, l’astensionismo, non si addicono al cristiano, anzi, costituiscono “un peccato di omissione”, come sottolineano i vescovi italiani (La Chiesa italiana e le prospettive del Paese, n 33). Pertanto, non solo non ci si astiene dal voto, ma nemmeno ci si può limitare solo ad esso, attivando reti di controllo e di vigilanza dell’attività svolta dai politici.

Perché questo documento? Questo documento, nato nell’ambito della comunità ecclesiale, per iniziativa di un gruppo di fedeli laici, coordinato dall’Ufficio diocesano per i Problemi sociali e il lavoro, vuole evidenziare che “la scelta del partito, dello schieramento, delle persone cui affidare la vita pubblica, pur impegnando la coscienza di ciascuno, non potrà comunque essere una scelta esclusivamente individuale”. E infatti, il Magistero sociale della Chiesa aggiunge che è necessario anche un discernimento comunitario sulle questioni sociali e politiche, per proporre soluzioni in vista del bene comune. Pertanto: «Spetta alle comunità cristiane analizzare obiettivamente la situazione del loro paese, chiarirla alla luce delle parole immutabili del Vangelo, attingere principi di riflessione, criteri di giudizio e direttive di azione nell'insegnamento sociale della Chiesa » (Compendio della dottrina sociale della Chiesa n. 574). Siamo consapevoli che come comunità cristiana non possediamo ricette e soluzioni per ogni problema, piuttosto, vogliamo essere compagni di viaggio con tutte le persone di buona volontà per sostenere e incoraggiare la ricerca e l’attuazione di proposte per il bene comune. In definitiva, vogliamo essere cristiani adulti che non si abbandonano al pessimismo sulla tragicità dell'oggi, ma cercano i segni dei tempi in cui sono stati chiamati a vivere, sapendo mettere mano alle cose con la responsabilità e il coraggio della profezia (cf. Le comunità cristiane educano al sociale e al politico n 5).

Un ideale alto di città. Ci piace ricordare le parole di Papa Francesco che ci offrono un’immagine di “città bella” a cui tendere: “Come sono belle le città che superano la sfiducia malsana e integrano i differenti, e che fanno di tale integrazione un nuovo fattore di sviluppo! Come sono belle le città che, anche nel loro disegno architettonico, sono piene di spazi che collegano, mettono in relazione, favoriscono il riconoscimento dell’altro!” (Evangelii Gaudium n. 210). Pur di fronte a un quadro politico complesso, come quello attuale, noi potremmo aggiungere: “come sono belle le città dove ognuno fa la sua parte perché si crei un nuovo umanesimo fraterno e solidale”.

Preghiera per i politici. Sulla scia di S. Paolo, che invitava le sue comunità a pregare per i governanti, anche noi oggi possiamo accogliere l’invito di Papa Francesco: “Prego il Signore che ci regali più politici che abbiano davvero a cuore la società, il popolo, la vita dei poveri! […]. E perché non ricorrere a Dio affinché ispiri i loro piani? Sono convinto che a partire da un’apertura alla trascendenza potrebbe formarsi una nuova mentalità politica ed economica che aiuterebbe a superare la dicotomia assoluta tra l’economia e il bene comune sociale”(Evangelii G n 205).

Don Piero Sapienza
direttore