Fragili nel corpo. Forti nello Spirito.
 

Il Covid 19, inaspettata “tempesta”, improvvisamente, dalla sera alla mattina, ha scoperto e messo a nudo tutte le nostre fragilità e i nostri limiti, tenendo sotto scacco tutto il mondo. Infatti, la pandemia, come sottolinea Papa Francesco, ha smascherato “la nostra vulnerabilità e lasciate scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità” [Fratelli Tutti 32]. Ci viene in mente quanto scriveva B. Pascal: “L’uomo non è che una canna, la più debole della natura, ma è una canna che pensa. Per schiacciarlo non c'è bisogno che si armi l’universo intero. Un vapore, una goccia d’acqua bastano per ucciderlo” (B. Pascal, Pensieri LXIX). Il Covid 19 ci ha dato, purtroppo, la conferma di queste parole del pensatore francese.
La pandemia ha disseminato in tutto il pianeta morte e malattia, dolore e sofferenza, senza risparmiare nessuno. E non solo. Infatti, il virus ha avuto gravi ricadute psicologiche sui rapporti sociali, sulla crescita e la maturazione dei nostri ragazzi e dei nostri giovani (pensiamo alla chiusura della scuola). Tante relazioni interpersonali si sono deteriorate. Sono aumentati i femminicidi all'interno della famiglia. Le statistiche ci raccontano di un numero crescente di persone che cadono in depressione, a causa di questa situazione inedita e paradossale, che lascia spiazzati. L'economia, andata in frantumi in tutte le parti del mondo, ha avuto le sue inevitabili ripercussioni sul mondo del lavoro, con la crescita esponenziale della disoccupazione (soprattutto per le donne ed i giovani) e, perciò, con l'aumento della povertà, che tocca fasce sempre più larghe della popolazione, specialmente nei nostri territori. La pandemia ha fatto emergere sia il bene come il male, che c'è dentro ogni uomo: da un lato, molte persone hanno rischiato e dato la vita per il prossimo (così medici, infermieri, volontari); tanti altri uomini e donne, come nuovi buoni samaritani, si sono presi cura delle sorelle e dei fratelli più fragili e più soli, attuando il grande precetto dell'amore. Non soltanto sul piano degli aiuti materiali immediati. Infatti, in molte parti del nostro Paese, la solidarietà si è espressa su un orizzonte più vasto per far fronte alle questioni legate al lavoro. Sono nate iniziative di “Fondazioni” per sostenere tante piccole imprese in affanno o per attivare percorsi di formazione professionale. Attraverso queste testimonianze stupende “ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme” (FT32). Ma, d'altra parte, bisogna riconoscere che l'emergenza sanitaria ha creato occasioni per conflitti sociali e politici, sempre più duri e accesi, che non sembrano tener conto del bene comune del Paese. Si sono anche registrati, purtroppo, una serie di episodi di corruzione, che hanno avuto protagonisti uomini e donne, ripiegati e chiusi nel proprio egoismo, alla ricerca dei propri interessi, capaci di approfittare della delicata situazione per lucrare illecitamente.
Se gli uomini non coltivano “il sogno di una società fraterna” (FT4), sarà impossibile risolvere i problemi che toccano tutti (FT7). Ma i sogni per essere realizzati devono essere costruiti insieme con gli altri (FT 8). La tragedia globale del Covid 19 interpella tutti e deve far capire che è necessario un nuovo umanesimo, fraterno e solidale, dove nessuno si gira dall'altra parte dinanzi alla sofferenza e ai bisogni dei fratelli, ma se ne fa carico con grande passione. In questo periodo, farebbe bene a tutti rileggere “I promessi sposi”, almeno quelle pagine in cui Manzoni, descrivendo la peste e tutte le sue nefaste conseguenze, evidenzia che l’epidemia di cinquanta anni prima aveva “ispirato” a S. Carlo Borromeo, sentimenti e azioni più memorabili ancora dei mali”. Questo tempo di prova, allora, può trasformarsi in opportunità per “ripensare i nostri stili di vita, le nostre relazioni, l’organizzazione delle nostre società e soprattutto il senso della nostra esistenza” (FT.33). Se questo non dovesse accadere, allora, “passata la crisi sanitaria, la peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di auto-protezione egoistica”, come mette in guardia papa Francesco (FT.35). Tutto ciò equivarrebbe a dire che il Covid 19 non ci ha insegnato nulla.
Potremmo suggerire alcune proposte per “un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale, che non si limiti alle parole” (FT 6). A tal proposito è auspicabile promuovere, in un contesto di amicizia sociale, una rete solidale tra Istituzioni Locali, Forze Sociali e Produttive, Università e centri di ricerca, Associazioni No-Profit, per elaborare e realizzare progetti a medio e lungo termine, creando nuove opportunità formative, di lavoro, di valorizzazione del territorio e della cultura locale, includendo le periferie e le fasce più deboli del nostro contesto sociale e territoriale. Dobbiamo collaborare insieme per cogliere le opportunità che nascono dai fondi attingibili dal “New generation EU – a recovery plan for Europe” nell’ambito dei 209 miliardi messi a disposizione dell’Italia, nel bilancio della comunità Europea. E tutto ciò implica una particolare attenzione ai processi di innovazione, ambiente, infrastrutture materiali e culturali, scuola, tutela della salute. Pertanto si richiede un impegno solidale che metta in campo le migliori energie della società: energie morali, culturali, intellettuali, imprenditoriali, e lavorative tese alla costruzione del bene comune. E per concludere, vorrei citare le sagge parole di uno degli ultimi scritti di Padre Sorge: “E’ tempo di fare la storia, quella di ogni giorno di questa pandemia, con realismo e tensione ideale. E’ tempo di sporcarsi le mani e di “contagiarsi” con stili di vita più umani e fraterni”.

Don Piero Sapienza